Qualche tempo dopo la firma del loro primo contratto con la Ricordi, realizzarono la prima incisione, si trattava della versione italiana di una canzone inglese dal titolo 1-2-3, che ebbe un buon successo di vendita.
La facciata B del 45 giri era un brano composto interamente da Lucio Battisti “Se rimani con me” che fruttò allo stesso la soddisfazione nel vedere pubblicata una sua composizione e di ricevere i primi diritti Siae che in quel momento erano per lui importanti.
La radio, allora, era molto piu' importante della televisione che stentava a decollare; Renzo Arbore e Gianni Boncompagni, erano i conduttori di una trasmissione di grande successo “Bandiera Gialla”, dove parteciparono cantando in diretta e diventando, per parecchie settimane, i leaders della trasmissione..
Dopo le cinquantamila copie vendute del primo 45 giri, la Ricordi, gli permise di usare gli studi di registrazione, con una certa libertà.
Verso i primi giorni dell'estate del '66, mentre mi aggiravo negli uffici della Ricordi, passando nei corridoi mi capitò di sentire un motivo molto coinvolgente al punto che incuriosito mi affacciai all'ufficio da dove proveniva il motivo e chiesi che canzone fosse.
Mi risposero che dagli Stati Uniti erano appena arrivate le ultime novità discografiche.
Terminata la canzone, sfilai il disco dalla piastra e ne lessi l'etichetta: era un gruppo vocale di cui non avevo mai sentito parlare, possedeva un insieme di voci molto interessante, lessi il nome: Mamas and Papas.
Fu un vero colpo di fulmine, la canzone fin dalle prime note era potente e accattivante, possedeva tutti i numeri per diventare un grande successo, sfilai dal giradischi il 45 giri e mi precipitai dal direttore artistico, Iller Patacini, e gli dissi: che avevo tra le mani una vera bomba e che avrei voluto farne una versione in italiano: poi lessi, il titolo, California Dreamin’.
Anche Pataccini convenne con me, dopo aver ascoltato la canzone, che valeva la pena di provare a farne una versione italiana. Prima di congedarmi Pataccini mi disse che Giulio Rapetti, in arte Mogol, aveva espresso il desiderio di diventare il nostro produttore e che l'indomani ci avrebbe ricevuto nel suo ufficio per conoscerci.
Avevo sentito parlare di Mogol, si diceva avesse grande intuito e che scrivesse dei bellissimi testi di canzoni; arrivammo da Mogol, con il disco dei Mamas and Papas, con l'intenzione di sottoporlo al suo giudizio. Nell'ufficio, con Mogol, ci trovammo con grande sorpresa anche Lucio.
Cominciammo a discutere sui vari progetti musicali e quasi contemporaneamente con Mogol facemmo riferimento ad una canzone con la quale avremmo potuto iniziare la nostra collaborazione. Fu un caso che porto' fortuna ad entrambi: avevamo pensato alla stessa canzone quella che poi divenne ''Sognando la California''.
Incisero Sognando la California negli studi di Via dei Cinquecento a Milano assieme al loro nuovo produttore e con l’apporto di Lucio Battisti. Fecero coincidere il mese d'Agosto, in cui erano liberi da impegni, con un contratto artistico al casino' di S. Remo dove, dopo l'orchestra base, si esibivamo in qualità di rappresentanti del fenomeno musicale del momento.
La loro performance al Roof Garden del casinò prevedeva un uscita di quarantacinque minuti ridotta poi a trenta per poi essere ulteriormente sacrificata a dieci non per il fatto che suonassero male…anzi, ma perché secondo il pubblico non molto giovane i volumi erano troppo alti.
Ci fu a tal proposito un incidente singolare; stavano suonando a dei volumi, secondo la moda del momento accettabili, quando da un tavolo di fronte un uomo piuttosto elegante, disturbato, dal suono giudicato eccessivo, si rivolse dalla loro parte portandosi entrambe le mani alle orecchie e proferendo ad alta voce,un'imprecazione; Pietruccio al microfono rispose duramente; non l'avesse mai fatto, per poco ne nasceva una rissa.
Solo il tempestivo intervento del direttore evitò un vero caso nazionale perché venire alle mani con il ministro dello spettacolo non sarebbe stato molto salutare.
Del tutto inconsapevoli di ciò che stava avvenendo del loro disco pubblicato un mese prima trascorsero delle piacevoli vacanze pensando a come fosse andata; qualche sospetto però l'avevano. Spesso, accendendo la radio, capitava con grande sorpresa di ascoltare la loro canzone, succedeva anche una cosa inaspettata erano fermati per la strada da ragazzi che gli chiedevano l'autografo.
Pietruccio veniva riconosciuto più sovente perché, spiccava nella copertina del disco indossando un vecchio cappello da Cow Boy che aveva trovato nello studio fotografico e che per gioco si era messo in testa; un cappello, che per anni, rappresentò il simbolo dei Dik Dik.
La vera sensazione di successo, la ebbero alla fine del mese di Agosto quando, tornati a Milano, ricevevano ogni giorno decine di telefonate da amici e conoscenti che entusiasti, si congratulavano. Nel giro di poco tempo si ritrovarono al vertice della Hit Parade.